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Gli scarti agroalimentari in Italia valgono 160 miliardi

26/02/2015

Al  BioEnergy Italy  di  CremonaFiere  si delinea la situazione italiana, ma non solo, nell’ambito della  bioeconomia, un settore in continua crescita, come si dimostra in crescita anche la domanda di materie prime agricole da trasformare in bioprodotti.

Secondo quanto emerso durante  BioEnergy Italy  in  Europa  è previsto un investimento nell’innovazione per la  bioeconomia  di 2 miliardi di euro nei prossimi 7 anni. La Germania ad esempio contribuirà con 2,4 miliardi di euro in 5 anni e altri programmi sono previsti in Svezia, Belgio, Norvegia e Danimarca.

Gli  Stati Uniti  già nel 2002 avevano varato diverse leggi a sostegno dei  bio-prodotti  derivati dall’agricoltura e recentemente è stato lanciato un nuovo “National Bioeconomy Blueprint” che dà le linee guida per il futuro in tema di politiche di sostegno, come ad esempio acquisti verdi pubblici e fondi per ricerca e sviluppo.

In un’altra delle grandi potenze mondiali, la  Cina, le  biotecnologie  sono considerate come una delle 7 industrie strategiche emergenti e il Paese punta in particolare sul settore farmaceutico e sui bioprodotti.

Per quanto riguarda l’Italia  si parte da una grande varietà di  scarti e sottoprodotti agricoli. Si parla di 130 milioni di tonnellate di deiezioni animali, 10 milioni di tonnellate di frazioni organiche di rifiuti urbani, 8,5 milioni di residui colturali, 5 di scarti agro-industriali, 3,5 di fanghi di depurazione e un milione di tonnellate di scarti di macellazione, in tutto 160 milioni di tonnellate di materiali che possono avere una seconda vita e diventare importante risorsa per molti settori economici.

Infine si ricorda l’industria della  biocosmesi  che recupera scarti alimentari altrimenti smaltiti come rifiuti, ma che hanno ancora notevoli proprietà nutritive, come le bucce di pomodoro, la sansa delle olive o le bucce d’uva.