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Mattoni di energia dalle acque reflue

 Alla University of West of England l’edilizia ha preso vita. Letteralmente. Nei laboratori dell’ateneo, il professore Andrew Adamatzky e il suo team sono dal 2015 al lavoro su  Living Architecture (LIAR), progetto europeo nato con l’obiettivo di creare pareti modulari di bireattori. E a poco più di un anno dall’avvio, la squadra ha sfornato i primi mattoni di LIAR: unità intelligenti in grado di riciclare le acque reflue domestiche e trasformarle con l’aiuto del sole in energia elettrica. Il progetto ha messo insieme diverse competenze, dall’architettura all’informatica passando per l’ingegneria, al fine di creare una  “muratura vivente” facilmente integrabile in edilizia.

E il termine vivente ben descrive questi nuovi mattoni sfornati dall’università britannica: minuscoli reattori modulari creati per la coltivazione di batteri e microalghe  e  in grado di autoadattarsi alle condizioni ambientali.

 

In ogni unità è stata inserita una  cella a combustibile microbica, sistema bio-elettrochimico che genera corrente grazie all’azione catabolica dei batteri su una serie di nutrienti. Ad alimentare le celle in questo caso sono le stesse  acque reflue  dell’edificio in cui il muro vivente è inserito.

I microrganismi – spiegano gli scienziati – sono stati appositamente scelte affinché siano in grado pulire l’acqua, recuperare il fosfato, generare elettricità e facilitare la produzione di nuovi detergenti, tutto all’interno dello stesso processo.

 

Le MFC, che costituiranno il motore vivente della parete di mattoni intelligenti, avranno anche un  lato intelligente: dovranno infatti saper percepire l’ambiente circostante e rispondere agli stimoli esterni attraverso una serie di meccanismi coordinati digitalmente. La funzione smart servirà per programmare la loro produzione energetica ma anche per assolvere ad alcuni compiti secondari come monitorare la qualità dell’aria indoor e in caso migliorarla. Ogni bioreattore può essere programmato per utilizzare una varietà di fattori quali acque grigie, comunità microbiche (alghe e batteri) e CO2 atmosferica e rilasciare acqua filtrata, fertilizzanti, detergenti biodegradabili ed elettricità.

 

Spiega  Ioannis Ieropoulos, direttore del Centro Bioenergia di Bristol dell’Università:  “Le celle a combustibile microbiche sono trasduttori di energia che sfruttano l’attività metabolica dei microbi per abbattere i rifiuti organici e generare elettricità.  Utilizzarle come elementi vivi all’interno delle strutture murarie costituisce una applicazione nuova per le MFC.  Questo ci permetterà di esplorare la possibilità di trattare i rifiuti domestici come fonti di energia elettrica, creando pareti attive programmabili per i nostri ambienti”.